Misteri Alto Sangro

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Celestino V e Castel di Sangro

Nel gennaio del 1235, in viaggio da Isernia, il monaco Pietro Angeleri (Papa Celestino V) fu costretto a fermarsi, a Castel di Sangro, all’imboccatura dell’antico ponte romano (l’odierno ponte della Maddalena), a causa di un’improvvisa tormenta di neve. Fu proprio a Castel di Sangro che il giovane monaco di Isernia, decise di cambiare vita e di diventare anacoreta? Cosa lo convinse a desistere dal continuare il suo viaggio e a gettare le basi per la sua vita eremitica? Potrebbe essere venuto in contatto con qualcuno, o qualcosa, tanto importante da modificare la sua vita?

Chiesa di San Nicola e ponte della Maddalena (Castel di Sangro)


Chiesa di San Nicola e ponte della Maddalena (Castel di Sangro)

Parliamo di un personaggio famosissimo ed enigmatico. Santo, eremita, mistico rinnovatore della società cristiana, personaggio scomodo, precursore dei tempi, uomo debole in balia del sovrano angioino, umile strumento di Dio dotato di una forza spirituale straordinaria: su Papa Celestino V si è detto di tutto.

Incerta è anche la località in cui vidde i natali: Isernia o i suoi dintorni, e l’anno in cui nacque: tra il 1209 ed il 1215.

Lasciando agli storici l’arduo compito di far luce sulla figura straordinaria di questo Papa, vogliamo focalizzarci su uno degli episodi meno noti e, stranamente, più sottovalutati, della sua vita, cioè il passaggio di Celestino V a Castel di Sangro (1).

Forse non tutti sanno, infatti, che fu proprio a Castel di Sangro che il giovane monaco di Isernia, Pietro Angeleri (o Angelerio), decise di cambiare vita e di diventare anacoreta. Ora viene da chiedersi cosa convinse il giovane monaco a desistere dal continuare il suo viaggio e a gettare le basi per la sua vita eremitica. Potrebbe essere venuto in contatto con qualcuno, o qualcosa, tanto importante da modificare la sua vita?

Nel gennaio del 1235, in viaggio da Isernia, il giovane Pietro fu costretto a fermarsi, a Castel di Sangro, all’imboccatura dell’antico ponte romano (l’odierno ponte della Maddalena) a causa di un’improvvisa tormenta di neve, interpretata come un segno divino, che lo costrinse a rifugiarsi nella vicina chiesa di San Nicola di Bari. Poi, spinto dal desiderio di voler incontrare un eremita di cui gli avevano parlato, salì su “un monte vicino”.

Trafiletto tratto dal libro del 1689 –
Historie sagre degli huomini illustri per santità della congregatione de Celestini, dell’ordine di s. Benedetto. Raccolte, e descritte da d. Celestino Telera da Manfredonia

Raggiunto l’eremita, il futuro papa non volle dimorare con lui, perché trovò che conduceva “vita laida (ripugnante) e disonesta”, e quindi ridiscese la montagna. Per farvi, però, ritorno il giorno seguente portando con sé due pani e alcuni pesci. Trovando l’eremo vuoto, si trattenne là, da solo, per 10 giorni.

L’episodio, che abbiamo qui riassunto e semplificato, ci viene tramandato attraverso il racconto di Vincenzo Balzano che si avvalse dell’opera di Mons. Giuseppe Celidonio il principale biografo di Celestino V (2).

Se vogliamo storicamente tener fede a questo racconto, pur considerando le ovvie distorsioni dovute al trascorrere dei secoli, e alle simbologie cristiane, è comunque impossibile non porsi delle domande.

Tralasciamo per ora l’identificazione dell’eremo posto su un generico “monte vicino”. La mancanza di specificazione ha già scatenato nel tempo più di un’ interpretazione.

Converrete con noi, che la seconda parte del racconto, quella che si riferisce all’incontro del futuro papa Celestino con l’eremita della montagna, è alquanto confusionaria e discutibile.

Cosa vuol dire che l’eremita della montagna conduceva vita laida e disonesta? Se era un falso eremita, come mai il giovane Pietro Angeleri si affretta a ritornare da lui il giorno seguente? Potrebbe aver cambiato opinione, rivalutando “con nuovi occhi” la figura dell’eremita della montagna?

A questo punto occorre fare alcune considerazioni.

Il padre del monachesimo fu un anacoreta: Sant’ Antonio Abate. I primi gruppi di monaci che vissero in una comunità sorsero anche per ragioni di sicurezza. Tutte le correnti monastiche del Medioevo conservavano però come massimo modello la vita ascetica. È noto che molti eremiti parteciparono alle Crociate e di ritorno alcuni fondarono eremi anche in Occidente.

Le montagne abruzzesi erano costellate di eremi, nei quali da tempi remoti si erano rifugiati molti anacoreti, e gli eretici aborriti dalla Chiesa e messi al bando dalla società che forse avrebbero potuto apparire, in un primo impatto, strani e laidi anche agli occhi inesperti di un giovane monaco come Pietro Angeleri.

Non dobbiamo mai dimenticare, poi, che anche i Templari e gli Ospitalieri erano monaci. È facile pensare a loro come guerrieri, ma in realtà appartenevano ad un ordine religioso.

I Templari addirittura avevano le regole più ferree, oltre a un rigidissimo voto di povertà:

  • Vietato ridere;
  • Vietato parlare durante i pasti;
  • Vietato baciare madri e sorelle;
  • Potevano mangiare solo pochissima carne (motivo di grave corruzione del corpo);
  • A pranzo dovevano condividere persino il piatto con un compagno d’armi;
  • Dovevano vestire solo di bianco…

Uno dei loro simboli, presente nell’immaginario collettivo: due cavalieri su un solo cavallo, viene interpretato appunto come una rappresentazione della povertà.

Per analogia, anche Jacques de Vitry, teologo contemporaneo di S. Francesco, vescovo di San Giovanni d’Acri in Terrasanta, uno dei più importanti predicatori dell’epoca, in Histoire des Croisade, li definisce “simili a eremiti nelle chiese”:

“Sono leoni in guerra e agnelli pieni di dolcezza nelle loro case. Sono rudi cavalieri nel corso delle spedizioni militari ma simili a eremiti nelle chiese…”

Quello di Celestino V con l’Ordine del Tempio vi sembrerà un accostamento già noto. Molti, infatti, fanno risalire l’incontro di Celestino con i Templari al 1274 in occasione del Concilio di Lione.

Ma Castel di Sangro ci offre la possibilità che questo incontro fosse già accaduto molti anni prima.

Vi abbiamo parlato all’inizio della nostra storia di un antico ponte romano, e di una chiesa. La chiesa di San Nicola di Bari, in cui il giovane Pietro Angeleri si rifugiò nel 1235 a causa della tormenta di neve. Sia la chiesa, che il ponte, si trovavano in un luogo strategico lungo la famosa Via degli Abruzzi, all’epoca una delle principali strade della Penisola, tappa obbligata per pellegrini e viaggiatori. È notorio che i Templari presidiavano le principali vie di comunicazione dell’epoca, ed è fatto certo che la chiesa di San Nicola, fu dipendenza della Commenda Gerosolimitana di San Tommaso de L’Aquila, ossia della Commenda Ospitaliera de L’Aquila. Si ha notizia di questo privilegio almeno dal 1310: anno di inquisizione in Abruzzo dei Templari. Considerando che dall’ordine di arresto emesso da Filippo il Bello nel 1307, i Templari in Abruzzo avevano spesso avuto modo di occultarsi in ordini affini, è probabile quindi che presidiassero questo tratto della Via degli Abruzzi all’epoca di Celestino confluendo poi nella Commenda Ospitaliera.

Ma della presenza degli ordini monastici cavallereschi a Castel di Sangro, e in particolare dei Templari, avremo modo di parlarne ancora, e più dettagliatamente, altre volte.

In conclusione, fin ora ci è piaciuto immaginare che semmai fosse esistito questo anonimo eremita sulla montagna di Castel di Sangro egli fosse un templare eremita o comunque uno dei tanti eretici messi al bando dalla Chiesa e dalla società.

Badate bene, la nostra è solo un’ipotesi, forse nemmeno tanto remota, che abbiamo avuto il piacere di condividere con voi.

Testo di Concetta Rocci

(1) Il primo passaggio a Castel di Sangro. Un altro passaggio si avrà nel 1294 quando sarà eletto Papa.

(2) Balzano V., La vita di un comune del reame: Castel di Sangro, Pescara 1942 (II edizione, Castel di Sangro 1985).

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1 Commento

  1. Lorenzo

    Tutto bello affascinante e misterioso. Storia a me sconosciuta che piacerebbe sapere sapere.

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