Noi tutti siamo a conoscenza della varietà e delle molteplici virtù del mondo vegetale. Basti pensare all’immenso apporto che offre nella farmaceutica per la cura delle malattie umane. In questo articolo, però, vogliamo parlarvi di un aspetto meno noto ovvero vogliamo parlarvi di ataviche credenze abruzzesi o europee sul mondo magico delle piante.

Tutto ebbe inizio nei tempi più remoti, quando il confine tra magia e medicina era molto labile in quanto la malattia e la guarigione erano ritenute cosa misteriosa e imperscrutabile ai più. Medicina e medici furono per moltissimi secoli un lusso riservato a pochi. I poveri si affidavano a dei guaritori-stregoni, a donne e uomini che per trasmissione orale e in modo empirico avevano imparato a curare il corpo con ciò che la Natura offriva. Radici, foglie, erbe e fiori venivano raccolti e impiegati non solo per curare ogni genere di malattia, ma anche ogni genere di male.


PREZZEMOLO, MENTA E ROSMARINO

Vogliamo iniziare parlando di tre erbe aromatiche, tra le più comuni piante coltivate sui nostri balconi e terrazzi, che celerebbero virtù magiche inaspettate.

Il prezzemolo venne adoperato per secoli come ingrediente di infusi medicinali, di filtri d’amore, e nelle pratiche di stregoneria.

Nell’antica Grecia si riteneva che fosse di buon augurio, pertanto si adornavano con questa pianta feste e banchetti.

Si credeva che il prezzemolo favorisse le nascite, se piantato secondo un preciso rito. Questa pianta però non doveva mai essere trapiantata, pena disgrazie famigliari, e mai regalata, pena l’allontanamento della fortuna.

Ma, soprattutto, il prezzemolo aveva anche i suoi aspetti oscuri e poteri malefici: ad esempio in alcuni luoghi si riteneva che i suoi semi, nel lungo tempo prima di germinare, scendessero ben sette volte negli abissi della terra attirati dal diavolo. Per scongiurare ciò veniva seminato il Venerdì Santo, unico giorno dell’anno in cui era libero dall’influsso maligno.

La menta era utilizzata già dagli Egizi come pianta dai poteri magici e curativi la cui conoscenza era riservata solo ai sacerdoti e a pochi eletti.

In molti luoghi si credeva che la menta avesse il potere di tenere lontano gli spiriti maligni.

All’epoca di Luigi XIV era tra le erbe impiegate per la preparazione del “balsamo tranquillo”, che veniva ritenuto miracoloso e la cui ricetta segreta era custodita da alcuni monaci. Si sa inoltre che il balsamo, che divenne famosissimo, aveva tra gli ingredienti addirittura anche un rospo.

Essendo un sempreverde, il rosmarino simboleggiò l’immortalità, l’amicizia e l’amore eterno, la fedeltà e il ricordo. Con tale significato, fin dall’antichità compariva nei fiori della sposa e sulla bara nei funerali.

Taluni usavano portare un ago di rosmarino in tasca come rimedio contro la dimenticanza. E più indietro nel tempo, gli antichi Greci quando dovevano sostenere un esame indossavano una ghirlanda di rosmarino per migliorare la memoria e la concentrazione. Curiosamente non è una credenza del tutto casuale. Il rosmarino, infatti, è un ottimo tonico per la memoria.

Rosmarino in fiore

Veniva adoperato anche per proteggersi dalle pestilenze, e serviva a preparare elisir di giovinezza. Si dice che Isabella d’Ungheria recuperò la propria bellezza grazie all’elisir, a base si rosmarino, preparato da un monaco.

Su questa pianta vi sono numerose leggende e credenze, risalenti soprattutto al Medioevo. Si credeva che proteggesse dagli spiriti maligni, dalla sfortuna e dai fulmini.

Rosmarino in fiore

Anche il suo legno aveva virtù magiche. Se ne fabbricavano cucchiai per proteggersi dall’avvelenamento, pettini da impiegare contro la calvizie, scatole da usare come talismani.


LA DOPPIA NATURA DEL SAMBUCO, DELL’EDERA E DEL BIANCOSPINO

Il sambuco ha moltissime proprietà curative, presenti nelle sue foglie, nei suoi fiori, nelle sue bacche e nella sua corteccia. Ha quindi costituito nel passato un’ottima risorsa per la medicina popolare.

Ma noi stiamo parlando di magia, ed è un’altra la sua particolarità più importante: si pensava che il sambuco avesse enorme potere sulle streghe, e si era convinti che esse non avrebbero mai osato entrare in un luogo ove vi fosse questa pianta.

Forse è questa una delle ragioni per cui, anche in Italia, non vi era casa di campagna che nel suo recinto o nelle siepi di confine non avesse una pianta di sambuco?

Un sambuco piantato a lato di una casa

In un suo libro, l’illustre studioso Gennaro Finamore ci riferisce che in Abruzzo, in particolare a Caramanico e Celano, si teneva in gran considerazione il sambuco “che nasce sulla quercia”. Questa rarità eccezionale era ritenuta molto efficace tanto da definirla “la mano di Dio” contro le streghe.

A Castel di Sangro si credeva che le streghe vomitassero in presenza di una pianta di sambuco.

Sambuco cresciuto fuori le mura del cimitero monumentale di Castel di Sangro

Quella che sembra solo una fantasia dettata dalla superstizione può avere una base reale: le bacche non ancora mature e la corteccia fresca possono provocare avvelenamento con vomito e respirazione difficoltosa.

In molti Paesi, però, il sambuco rivestiva anche una funzione magica negativa. Ciò per via di una leggenda secondo la quale Giuda Iscariota si sarebbe impiccato a questa pianta. Di conseguenza ne deriverebbe che il sambuco è una delle piante più amate dalle streghe, che addirittura si trasformerebbero in esso in caso di pericolo.

In Inghilterra si era convinti di poter stabilire se un sambuco era “stregato” spezzandone uno dei ramoscelli. In caso affermativo, dal ramoscello sarebbe dovuta stillare una goccia di sangue.

L’edera è una pianta dalla doppia natura, essendo sia curativa che velenosa. Le sue bacche sono tossiche, e vengono utilizzate solo le giovani foglie fresche. Nonostante ciò, nel passato, con le sue bacche si osò ottenere un preparato che si pensava potesse sconfiggere la peste. Si fece un utilizzo massiccio di edera durante l’epidemia scoppiata a Londra nel 1665.

Nell’antichità, l’edera fu sacra ad Osiride ed associata, come la vite, al dio Bacco.

Forse per tutte queste ragioni, in campo magico aveva ruoli contrastanti a seconda dei popoli: per alcuni, tra le sue foglie si nascondevano folletti maligni; per altri, invece, l’edera aveva la funzione di proteggere le case dal male.

Anche il biancospino, come il sambuco e l’edera, aveva poteri magici opposti. Li troviamo riassunti in un’antica credenza, secondo la quale un ramo di biancospino posto fuori alla porta avrebbe portato fortuna agli abitanti della casa. Sempre secondo questa credenza però, non bisognava mai portare il biancospino, soprattutto se in fiore, all’interno della casa perché avrebbe arrecato sventura.

Biancospino in fiore

LA PROTEZIONE DELLA RUTA E DELLA VALERIANA

La ruta è una pianta aromatica perenne. Fu usata in passato come antidoto per numerosi veleni.

La sua foglia ha ispirato l’immagine del seme di Fiori nelle carte da gioco.

La ruta ha un sapore piuttosto amaro. Questa caratteristica era alla base di una particolare credenza, molto diffusa in Abruzzo, che la rese una delle piante protettive per eccellenza.

Si diceva infatti: “La ruta rode, divora il male“. In particolar modo però essa proteggeva dalle streghe.

Ruta (da Wikipedia)

In molti paesi abruzzesi si credeva che se una donna incinta avesse mangiato della ruta il suo sangue sarebbe diventato amaro e così il bambino sarebbe scampato ai malefici delle streghe.

A Ortona si eseguiva un particolare rito, magico anche dal punto di vista della numerologia. La donna incinta doveva mangiare 9 cime di ruta: 3 all’inizio dei 3 mesi di gravidanza; 3 all’inizio dei 6 mesi; e 3 all’inizio dei 9 mesi di gravidanza.

Per continuare a proteggere il bambino dalle streghe si poteva ricorrere alla ruta anche dopo il parto. A San Vittorino (Caramanico), ad esempio, il bambino appena nato veniva lavato con decotto di ruta; e ponendolo nella culla si seguitava a bagnare la sua pelle con del succo di ruta avendo premura di mettergliene anche un poʼ nella bocca.

La valeriana, al pari della ruta, era usata per proteggersi dalle streghe. In alcuni paesi d’Abruzzo, tra i quali anche Castel di Sangro, veniva inserita nel buco della serratura o dietro la porta di casa, con l’evidente scopo di impedire alle streghe di entrare sfruttando anche una minima apertura.

Tuttavia riteniamo che a Castel di Sangro, ancor più che alla valeriana, si ricorreva ad una manciata di sale dietro l’uscio.

FILTRI D’AMORE: PERVINCA E VERBENA

Oltre alla sopraccitata valeriana, che nel Medioevo divenne ingrediente di moltissimi filtri d’amore, vogliamo menzionare altre due piante che ebbero la stessa fama.

La pervinca è molto comune anche nell’Alto Sangro, soprattutto nei boschi. In Italia viene conosciuta con molti nomi, a seconda delle zone: Erba vinca, Erba serena, Violetta d’invern, Viola mata… Ma forse il nome più particolare con cui viene chiamata è Fior di morto.

La pianta inizia a fiorire a febbraio, regalando un bellissimo fiore azzurro-violetto (appunto il colore blu pervinca).

Pervinca

Ed è proprio con questa parte della pianta, con il fiore, che nel Medioevo si preparavano filtri d’amore.

La verbena è una piantina che ha rametti sottili, rigidi, e minuscoli fiori senza profumo. Nonostante l’aspetto poco appariscente, nel passato era ritenuta molto importante.

Nell’antica Roma era considerata sacra ed era un simbolo di pace. Si usava nelle cerimonie purificatrici, e vi suggellavano i patti scritti. Inoltre si cingeva il capo degli ambasciatori con ghirlande di verbena in fiore.

I Celti e i Germani la utilizzavano per i sortilegi e nelle pratiche magiche.

Ma soprattutto, fin dall’antichità, la verbena era considerata pianta magica valida per preparare filtri e per mitigare le pene d’amore.

LA CELIDONIA DEGLI ALCHIMISTI

La celidonia cresce su vecchi muri, tra i ruderi, lungo le siepi. È una pianta dalle proprietà medicinali, molto comune in Italia, molto particolare, ma soprattutto, è anche una pianta molto pericolosa.

Appartenente alla famiglia dei papaveri, contiene alcaloidi tossici e può condurre persino alla morte. Inoltre, semplicemente spezzandone il fusto o le foglie, scaturisce un succo lattiginoso e giallo che è caustico.

La celidonia è legata a diverse credenze.

Il suo nome deriva dal greco Khelidôn, che vuol dire “rondine”. Sembrerebbe che lo strano nesso tra la pianta e questi uccelli abbia origine dalla caratteristica della celidonia di spuntare alla prima comparsa delle rondini e di morire quando esse partono.

Celidonia

Secondo altre fonti, invece, l’origine del nome deriverebbe da un’antica credenza stando alla quale con questa pianta le rondini curerebbero i rondinini ciechi. Quindi, questa antica credenza spiegherebbe anche l’uso popolare della celidonia per la cura di svariate affezioni degli occhi e per “schiarire la vista”.

La celidonia era tra le piante predilette dagli alchimisti medioevali, poiché la ritenevano dotata di poteri sovrannaturali essendo dono del cielo: “coeli donum”.

Infine, un’altra credenza attribuiva alla celidonia la proprietà magica di predire il decorso di una malattia. Messa sul capo di un malato lo avrebbe indotto a piangere se era destinato a guarire, oppure lo avrebbe indotto a cantare se, al contrario, era destinato a morire.

IL SEMPREVIVO

È una pianta perenne, molto resistente, a cui basta poco per vivere. Infatti cresce nei terreni sassosi, sui ruderi e, addirittura, nelle fenditure dei vecchi muri e sui tetti.

Assomiglia vagamente al carciofo.

Semprevivo

Nel passato si credeva che questa pianta proteggesse le case dai fulmini e, più in generale, dal fuoco. Pertanto la si lasciava crescere sui tetti di paglia che, come sappiamo, erano spesso facile preda degli incendi. La cosa curiosa è che il semprevivo ha davvero un legame con il fuoco: avendo proprietà emolliente è utile, tra le altre cose, proprio per alleviare il dolore delle bruciature.

PIANTE MAGICHE ALLUCINOGENE

Era la pianta magica per eccellenza, ampiamente utilizzata sia nelle pratiche di magia bianca che in quelle di magia nera. Fu ambitissima, osannata, molto ricercata, e al tempo stesso temuta. Il suo nome evoca racconti e leggende, tanto da rischiare di essere ritenuta essa stessa mero prodotto di fantasia.

La mandragora, infatti, non è un’invenzione dei trovatori medioevali, esiste realmente. Anzi ha un’ area di diffusione molto vasta, l’Europa meridionale.

La radice della mandragora può raggiungere notevoli dimensioni ed ha un odore fetido. Ma oltre a questo, ha una caratteristica importante che determinò l’insorgere delle numerose credenze e superstizioni: la radice ricorda una forma umana, distinta secondo la tradizione in maschile o femminile.

Rappresentazione artistica della Mandragora

A causa di ciò, nel passato, la mandragora fu ritenuta una panacea, un afrodisiaco, una pianta dalle innumerevoli e svariate virtù magiche, un portafortuna da portare con sé soprattutto in battaglia poiché avrebbe donato l’invulnerabilità. In Germania si credeva che avesse il potere di respingere le armi nemiche, tanto che i guerrieri indossavano vesti intessute con la sua radice.

Ma procurarsi o estrarre dal terreno una mandragora non era un’operazione affatto semplice, in quanto, come detto prima, questa pianta era molto venerata ma anche molto temuta. A tal riguardo molti di voi avranno senz’altro sentito parlare dell’urlo della mandragora.

Sin dall’antichità si credeva che la mandragora fosse in grado di provare dolore come un essere umano e di emettere un urlo agghiacciante nel momento in cui veniva estratta dal terreno. Tale urlo era molto temuto in quanto avrebbe causato al raccoglitore terribili conseguenze quali la perdita dell’udito e la pazzia, o la morte.

Per evitare l’urlo si ricorreva a degli stratagemmi, a dei precisi rituali da svolgersi durante la notte. Seguendo uno dei rituali più diffusi si estirpava la mandragora tenendo il volto rivolto ad Occidente, solo dopo aver tracciato con una spada di ferro 3 cerchi intorno alla pianta.

La mandragora, così come la belladonna e lo stramonio (Datura) appartengono alla famiglia delle Solanacee. Contengono sostanze tossiche e allucinogene.

Erano, infatti, tra le piante più utilizzate dalle guaritrici (streghe) non solo per curare o per preparare i filtri, ma anche per ottenere le visioni.

Meno noto rispetto alla belladonna, lo stramonio ha vistosi fiori bianchi.

Stramonio (da Wikipedia)

I bellissimi fiori però non devono trarre in inganno, perché lo stramonio è una delle piante più velenose presenti in Italia. La più alta concentrazione della sua tossicità si trova nei semi.

Questa pianta è conosciuta anche con molti altri nomi. Alcuni nomi traggono ispirazione dal suo frutto munito di numerosi aculei: Pane spinoso, Noce spinosa… Altri nomi esaltano il suo lato oscuro: Erba delle streghe, Erba del diavolo…

Vi sono poi altre piante tossiche e allucinogene che venivano utilizzate dalle “streghe”. Tra esse vogliamo menzionarne tre.

Il giusquiamo nero,un’altra solanacea, era tra le piante allucinogene più utilizzate. È pericolosissimo e molto infestante. Ha foglie ricoperte di lunghi peli vischiosi che le rendono appiccicose, ed è conosciuto anche per il cattivo odore che emana. Dai tempi dell’antica Grecia sino al Medioevo, il giusquiamo è stato adoperato come anestetico. La pianta essiccata veniva fumata per alleviare il dolore ai denti.

L’elleboro è tra le piante pericolose più comuni. Sembra che sia molto tossico non solo se ingerito, ma anche per semplice contatto.

Elleboro fetido

E infine la digitale purpurea,dai lunghi e bellissimi grappoli di fiori. La forma di ogni singolo fiore ricorda quella di un ditale o di un dito di guanto. Per questo motivo viene chiamata anche “Guanto della strega”. Oltre a servirsene per avere visioni, le guaritrici furono le prime a ricavare da questa pianta pericolosissima una cura per le malattie del cuore.

Digitale purpurea (da Wikipedia)

Siamo giunti alla conclusione del nostro articolo sulle virtù magiche delle piante, un mondo misterioso che abbiamo appena iniziato ad esplorare e che d’ora in poi, ne siamo certi, ci consentirà di guardare, le piante che crescono da sempre nelle nostre case e nei nostri giardini, con occhi diversi.

Testo di Concetta Rocci

Bibliografia e approfondimenti:
AUTORI VARI-SELEZIONE DAL READER’S DIGEST, Segreti e virtù delle piante medicinali;
AUTORI VARI-LA BOTTEGA DELLA NATURA, Le piante aromatiche;
BIEDERMANN H., Enciclopedia dei Simboli;
FINAMORE G., Tradizioni popolari abruzzesi (1894);
GIANCRISTOFARO L., Cultura popolare abruzzese;
KOLOSIMO C., Il libro delle piante magiche;
LIEUTAGHI P., Il libro delle erbe;
E. VILLIERS ,Amuleti e talismani e altre cose misteriose.

Crediti:
disegno in copertina di Raffaele Buzzelli