C’era una notte d’inverno, i vicoli deserti rischiarati dalla sola luce della luna e percorsi dalla Voria*, le finestrelle illuminate da piccoli lumi ed il profumo dei camini accesi.

Era questo il volto tipico di un paese di montagna, quando la vita era tanto dura quanto intensa.

Quella notte prendeva vita la pietra. Mentre tutti, dopo una fredda giornata di fatica, erano finalmente riuniti nelle proprie case: nido e rifugio di affetti, gioie e dolori, restava solo il suono ritmico dell’acqua che sgorgava dalle fontanelle. Gli abbeveratoi diventavano specchi arcani del cielo stellato e nei vicoli si muovevano ombre silenziose, che caute si dileguavano al latrare dei cani sempre all’erta. Anche le leggende prendevano vita: storie di fantasmi, di briganti e di streje e strioni*; solo fatterelli per spaventare i bambini? Chi può dirlo.

Persino il tempo, quella notte, si acquietava e rammentava di dover scorrere solo quando, di rione in rione, una campana batteva un rintocco in più.

Che strana, quella notte d’inverno così lontana
eppure qualcosa in paese ancora resta
di quella quiete per i vicoli solitari
del calore nelle case con l’affetto dei propri cari

— di Giovanni Santostefano


Di seguito troverete una galleria fotografica di Castel di Sangro nelle tranquille notti ai piedi della Valle.

* Voria: nome dialettale del freddo vento di Bora.
* streje e strioni: streghe e stregoni