Per i nostri antenati la notte tra il 23 e il 24 giugno, vigilia di San Giovanni Battista, era una notte magica. In molti paesi d’Abruzzo la si trascorreva vegliando e compiendo affascinanti rituali, reliquie pagane legate al solstizio d’estate. Si raggiungevano alture, promontori e spiagge per assistere al momento più solenne della festa: il sorgere del sole. E si diceva che il sole sorgendo danzasse o si tuffasse per tre volte nel mare, e che addirittura si riuscisse a scorgere nel suo disco la testa decapitata e insanguinata di San Giovanni.

Ma in cosa consistevano gli antichi rituali della vigilia di San Giovanni?

In un nostro precedente articolo vi abbiamo già parlato dei bellissimi riti di divinazione legati all’amore, ora vogliamo soffermarci sui riti compiuti mediante la rugiada sacra, l’acqua e le erbe. Inoltre parleremo della leggenda del “fiore” della felce, e infine vi diremo come si realizzava il talismano di San Giovanni.

Si riteneva che la rugiada (acquàra, huazza, acquazza, guazza…) che si forma durante questa notte magica avesse proprietà divine, benefiche e purificatrici. Tali proprietà si estendevano pure alle acque, alle erbe e ai fiori venuti a suo contatto.

La rugiada di San Giovanni possedeva virtù curative miracolose. Era cosa sacra con cui si effettuavano abluzioni per guarire da molte malattie, dalle malattie degli occhi e della testa, ai reumatismi…

A Roccaraso e a Torricella Peligna si riteneva che guarisse ogni tipo di malattia della pelle, pertanto chi era affetto da tali mali si rotolava nell’erba rorida.

La rugiada veniva anche raccolta con dei lenzuoli e panni da portare a casa agli infermi. Si avvolgevano intorno al corpo o si applicavano sulla parte malata.

Al pari della rugiada anche le acque acquistavano poteri magici. L’acqua veniva attinta e bevuta per purificare il corpo. E non era insolito che in alcuni comuni si facessero, allo spuntar del sole, bagni nel mare o nel fiume (come ad esempio a Teramo e a Chieti).

Era in uso cogliere, all’approssimarsi dell’alba, le erbe e i fiori bagnati di rugiada. Le erbe e i fiori colti a San Giovanni erano numerosi. Su tutti vogliamo ricordare l’iperico, i fiori di sambuco, la malva, la salvia, l’assenzio, la menta, i fiori di tiglio. Si conservavano secchi, da usare all’occorrenza come medicinali.

fiori di tiglio
Fiori di tiglio

In diversi luoghi d’Abruzzo, particolare era l’usanza di intrecciare ghirlande di piante con cui cingere la vita e la fronte con l’intento di preservarsi dai dolori di reni, di ventre e di testa. Dopo aver atteso il sorgere del sole, si tornava a casa conservando le ghirlande come oggetti sacri.

A Sulmona, ad esempio, ci si cingeva la vita con ghirlande di vitalba. Anche a Castiglione a Casauria si ricorreva alla vitalba, mentre a Campli si avvolgevano intorno alla vita gambi d’avena. A Caramanico erano invece i tralci di rovo ad avere la stessa funzione della vitalba.

Nel giorno di San Giovanni si stringevano i comparatici. Seguendo un antico rito, che variava da zona a zona, si stringeva un legame indissolubile tra due persone che così divenivano compari o comari. Questo legame era considerato quasi più forte di quelli di parentela e spesso nel rito si utilizzavano i fiori che in quel giorno erano anch’essi qualcosa di sacro. A Palena, ad esempio, due ragazze o due ragazzi, diventavano comari o compari dopo essersi scambiati i fiori e aver compiuto per tre volte un giro intorno all’altare maggiore della chiesa tenendosi uniti per mezzo dei mignoli mentre recitavano una formula rituale.

Vi racconteremo ora del leggendario fiore di felce, un potentissimo talismano dall’immenso potere, che avrebbe reso il suo possessore capace di manipolare la volontà altrui per ottenere qualsiasi cosa in suo favore.

Felce
Felce del bosco di Scodanibbio

Procurarsi un fiore di felce, però, non era per nulla facile, per diversi motivi.

La felce fioriva solo durante la notte di San Giovanni, e i suoi fiori erano destinati a vivere il tempo di pochi attimi di quella sola notte. Inoltre era considerato un atto sacrilego assistere alla misteriosa fioritura della felce, prodigio tanto misterioso al punto che nessuno vi aveva mai assistito.

Per tentare di procurarsi il prezioso talismano, aggirando gli ostacoli, si poteva ricorrere ad un rituale. Si posizionava un fazzoletto sotto la pianta della felce, e si trascorreva la notte di San Giovanni ad un crocevia poggiando il mento su di una forca. Sarebbe stata una notte terribile poiché al crocevia ci sarebbe stato un viavai di presenze malefiche: diavoli, streghe, stregoni, maghi…

Al termine della notte però, tornando alla felce, si avrebbe avuta la possibilità di trovare sul fazzoletto l’ambita ricompensa.

Questo talismano, come avrete oramai intuito, era davvero leggendario, nel senso letterale della parola: infatti il fiore della felce non esiste nella realtà ma solo nella fantasia popolare, poiché la felce si riproduce tramite spore.

Il fiore (o il seme) della felce non era solo una credenza abruzzese. Credenze simili erano presenti in altre parti d’Italia e d’Europa. Secondo alcune credenze il fiore nasceva, non nella notte di San Giovanni, ma nella notte di Natale. In tutte però, era un talismano eccezionale che donava al suo possessore, a seconda della versione della leggenda, facoltà magiche meravigliose, come l’invisibilità, oppure ricchezze immense.

La sopraccitata credenza abruzzese ci fornisce lo spunto per svelare un’altra curiosità. Si parla del rituale compiuto ad un crocevia.

Ma perché ad un crocevia?

Malgrado quello che si possa pensare, il crocevia racchiude una simbologia antica.
Nell’antichità il crocevia era un luogo sacro, legato a divinità e spiriti tutelari.
Basti pensare che nella Roma imperiale ogni vicus aveva un crocicchio come centro di culto dove venivano onorati i lares compitales e il genius loci.

Inoltre vi era Ecate. Questa divinità greca e romana, protettrice dei crocevia, veniva rappresentata con tre teste o con tre corpi, essendo dea del cielo, del mondo sotterraneo e della terra. Come divinità del mondo sotterraneo aveva facoltà inquietanti che spaventavano gli uomini. Regnava infatti sulle ombre, sui demoni malvagi, vagava di notte nei crocevia accompagnata dal latrare dei cani che la sentivano arrivare, ed aveva il potere di evocare gli spiriti.

In Europa fu a partire dal Medioevo che si cominciò a ritenere il crocevia come un luogo di incontro di streghe, diavoli, spiriti malvagi e propizio alle pratiche magiche.

Il crocevia ha un significato magico e simbolico anche in altre culture. Presso alcuni popoli africani la croce simboleggia il crocevia, la separazione tra il mondo (le strade) dei vivi e il mondo (le strade) dei morti. Negli esorcismi magici vengono impiegati questi simboli allo scopo di immobilizzare gli spiriti, che non sanno scegliere quale strada imboccare.

Il talismano di San Giovanni

Il talismano, o meglio, i talismani di San Giovanni si realizzavano con erbe colte nella magica notte o nelle prime ore del mattino della festa.

Erano mirati ad ottenere la guarigione da una specifica malattia o da più malattie, a preservare il benessere del corpo o della mente, a tenere lontano il male in ogni sua forma.

La funzione del singolo talismano dipendeva dalla scelta delle erbe. Infatti il talismano di San Giovanni poteva essere realizzato con una sola erba o con un gruppo di erbe il cui numero variava da 5 a 7.

Le erbe e i fiori colti a San Giovanni che venivano adoperati per realizzare i talismani erano oltre una quindicina. Tra le erbe e i fiori più utilizzati c’erano:

l’iperico (contro il male e i pensieri cattivi); la valeriana (per il benessere e la tranquillità); la ruta (contro ogni genere di male); il tarassaco (per purificare l’organismo); la menta (per la mente); il rosmarino (per la giovinezza e per un amore eterno); la salvia (per conservare la buona salute); la celidonia (per la vista); la verbena; l’achillea; i fiori di sambuco; i fiori di tiglio; la melissa; il basilico.

Menta
Menta

Dopo essere state colte, le erbe necessarie alla realizzazione del talismano si legavano insieme e si mettevano a seccare all’ombra (mai al sole).

Una volta essiccate, si inserivano in un sacchetto di stoffa da indossare a contatto di pelle.

talismano di San Giovanni
Talismano di San Giovanni

Se invece si voleva estendere la protezione a tutta la famiglia, il mazzetto d’erbe essiccate si appendeva su una parete della casa, principalmente all’ingresso.

I talismani di San Giovanni esercitavano il loro benefico effetto per un anno, poi andavano rinnovati, seguendo i medesimi riti che si ripetevano anch’essi di anno in anno dalla notte dei tempi.

di Concetta Rocci

Si ringrazia Raffaele Buzzelli per aver messo a nostra disposizione le sue conoscenze sui talismani di San Giovanni.

Bibliografia:
BIEDERMANN H., Enciclopedia dei Simboli;
FINAMORE G., Credenze usi e costumi abruzzesi;
GIANCRISTOFARO L., Cultura popolare abruzzese;
PALAZZI F. – GHEDINI G., Piccolo dizionario di mitologia e antichità classiche, 1952;
VILLIERS E., Amuleti e talismani e altre cose misteriose.