Un legame profondo parrebbe unire la figura del santo eremita Celestino V al Convento della Maddalena di Castel di Sangro ed in particolare un angolo di paradiso verde, un’area specifica dell’attuale giardino botanico dalle misteriose proprietà traumaturgiche, potrebbe condividere col Papa del Gran Rifiuto più di quanto si possa sospettare.

Come vi abbiamo raccontato per esteso in QUESTO_ARTICOLO, correva l’anno 1235 quando Pietro Angelerio, nell’attraversare il ponte della Maddalena, fu colto da una tormenta di neve e costretto a rifugiarsi nella chiesa di San Nicola di Bari. Non si hanno molti dettagli storici su cosa accadde nella chiesa di San Nicola ma testi antichi affermano chiaramente che fu lì, in quella notte di bufera, che egli maturò l’intento di affidare la propria vita alle pratiche anacoretiche. Placatasi la tormenta infatti il futuro santo avrebbe guadagnato la via di un eremo “su un monte vicino” e, tra vicende ricche di simbolismo ed incontri con personaggi misteriosi per i cui dettagli vi invitiamo a leggere l’articolo linkato sopra, Pietro Angelerio meditò a lungo il cammino che lo avrebbe reso una figura di spicco della storia e del misticismo cattolico.

Ma qual’era quel “monte vicino” in un territorio circondato da montagne? Molte ipotesi sono state fatte, in tempi recenti qualcuno ha pensato alla valle di Sant’Ilario o nella zona di De Contra ma in pieno inverno, con la neve in terra e in cielo, e le temperature sotto lo zero, un monaco non si sarebbe potuto avventurare sull’aspra montagna ad ovest. Andare e tornare a valle per approvvigionarsi di cibo sarebbe stato troppo difficoltoso mentre c’è un colle, proprio dietro l’odierno convento, che potrebbe offrire tutti i dettagli dell’eremo descritto ed anche qualcosa di più.

Io ipotizzo quindi che il luogo più idoneo per individuare l’eremo/grotta è collocato sulla sommità del colle roccioso nel giardino del Convento della Maddalena, sotto la rupe che è quel che oggi resta della grotta, dove è presente anche la pietra detta “tavola dei monaci“, pietra enigmatica dove si pensa che i frati si recassero a pregare in seguito alla costruzione del convento stesso.

La rupe dove giace la Tavola dei Monaci – foto di Bice Buzzelli

Le alte pareti rocciose della rupe presentano delle stalattiti e questo potrebbe denotare una grotta preesistente. Le stesse stalattiti segnano la presenza di uno stillicidio di acqua calcarea, particolari questi ricorrenti negli eremi in cui è vissuto il santo, come anche viene descritto che dall’eremo egli sentisse lo scorrere di acque fluviali.

disegno di Raffaele Buzzelli – La grotta di Celestino, con il castello del Colle S.Giovanni sullo sfondo –
Riuscite a trovare la figura del santo monaco nell’immagine? Cercate bene!

Quindi sul colle del giardino botanico del Convento della Maddalena abbiamo 1) i resti di una grotta, 2) la possibile presenza di acqua, 3) si sente il suono dello scorrere delle acque fluviali (del Sangro e della Zittola), 4) vicinanza al paese dove poteva rifornirsi di cibo. Sono questi elementi dei racconti tradizionali che si incastrano alla perfezione solo in questo luogo e non su a Sant’Ilario né presso il Convento di S.Giovanni d’Acquasanta. Inoltre da non sottovalutare il punto 6) l’eremo sarebbe stato a meno di dieci metri dalla strada romana o tratturo che saliva la montagna, toccava il Colle delle Forche, si dirigeva verso Roccacinquemiglia per puntare poi verso Roccaraso, l’altopiano delle Cinquemiglia e quindi giù fino ai monti di Sulmona: meta da cui Pietro da Morrone avrebbe preso successivamente il nome.

Vista del Convento della Maddalena (ora Museo Aufidenate). In basso il corso del fiume Sangro. Dietro il convento si vede il colle oggetto di questo articolo e dietro ancora lo Spino Rotondo a sinistra della valle di Sant’Ilario.

Il colle Pesco Buono (Pesco significa roccia, come in Pescocostanzo) che sorge alle spalle del convento della Maddalena era un tempo una zona boscosa, ricca di aspre rocce affioranti e roveti. Sotto quei roccioni affioranti, a cento metri dalle falde del colle era collocato l’eremo. Il luogo della tavola dei monaci è conosciuto da sempre e molto frequentato in passato; era conosciuto come “la selva del Signore” del Principe Caracciolo. Attualmente sta destando interesse di luogo panoramico, col paese di Castel di Sangro che si snoda dal Colle S.Giovanni con le sue antichità sannite, romane, medievali e restauri moderni e la piana che si snoda sulla valle del Sangro: luogo ameno, bello e che desta sensazioni positive di serenità e silenzi. Nel visitare il giardino del convento e nel sostare presso la pietra detta Tavola dei Monaci, si trovano benessere e pace per i visitatori ed amanti dei centri spirituali di culto, una energia nuova che si avverte nel corpo e nell’anima.

In meditazione sotto la rupe – foto di Bice Buzzelli

Ricordo che una volta nel giardino passava una classe di ragazzi delle scuole con i propri insegnanti. Stavano visitando il luogo e passo dopo passo raggiunsero la Tavola dei Monaci. Sotto i roccioni della grotta, per nulla stanchi dalla salita appena fatta, erano contenti e giocosi; i profumi del luogo li inebriavano.
I ragazzi erano sparsi per il pianoro mentre illustravo loro le piante: erbe mangerecce e medicamentose, alberi ed altro che cresceva naturalmente lì. Accennai loro anche che quello era un luogo di preghiera e che i monaci salivano a pregare vicino quella pietra rotonda dopo aver recitato il rosario lungo la via e, mentre davo queste spiegazioni, un ragazzino giunse le mani e si inginocchiò vicino la pietra. In un istante tutti lo seguirono, fecero cerchio attorno alle pietre e si inginocchiarono a pregare: nei loro visi si poteva leggere gioia e serenità.

Quel gesto meravigliò tanto me quanto le maestre, un gesto così spontaneo e piacevole: fu frutto del caso o un gesto amorevole di devozione per Santo Celestino?
Anche le maestre successivamente raccontarono di aver avuto sensazioni piacevoli e di benessere mentre erano lassù.

Un’altra insegnante raccontò che, una volta arrivata sul luogo della pietra, la stanchezza della salita era scomparsa e ad essa si era sostituita una sensazione di benessere nell’animo ed anche il mal di testa che la tormentava dal mattino era praticamente scomparso.

foto di Bice Buzzelli

Non sono poche le persone che, visitando il giardino del convento e salendo fino su alla Tavola dei Monaci, testimoniano di aver ritrovato benessere ed energie positive come una forte sensazione di pace interiore, manifestando poi la volontà di tornare a sostare per rilassarsi in quel piccolo paradiso: accogliente per i silenzi che crea il verde, i fiori tra cui le orchidee, le piante profumate, officinali e gli alberi da frutto.

Un altro incontro fortunato, con una persona frequentatrice di sentieri di pellegrinaggio, eremi (anche celestiniani) e dedito alla meditazione mi ha rivelato che due luoghi specifici lì destano sensazioni interessanti e positive: la rupe/grotta sopra descritta (dove le ‘vibrazioni’ sono più forti) e il grande masso, poco fuori il convento, sotto la croce centenaria dove cresce la vite dall’uva bianca; in quel punto si potrebbe anche ipotizzare la presenza antica di un altare all’aperto per i riti religiosi. Vicino la Tavola dei Monaci poi mi disse di aver provato sensazioni molto simili all’eremo del monte Morrone.

Il giardino botanico del Convento della Maddalena (ora Museo Civico Aufidenate) – foto di Bice Buzzelli

Recandosi a visitare questo luogo, possibile ex eremo di Celestino, si è portati a meditare sull’esistenza ed i suoi valori più profondi, portandoli poi con se nella vita.

— di Raffaele Buzzelli