L’Abruzzo con le sue montagne aspre e quasi inaccessibili fu rifugio di molti eremiti e di uomini in cerca di una vita umile, spirituale e più vicina a Dio.
Nel 1235, a Castel di Sangro, il giovane Pietro Angeleri (futuro papa Celestino V) incontrò un eremita. Anzi, un personaggio descritto talvolta come un individuo che conduceva vita “laida e disonesta”.
Chi era questa figura misteriosa? È possibile che fosse un uomo condannato dalla Chiesa: un eretico?

Proveremo a scoprire chi fosse in realtà questo eremita, lasciandoci guidare dalla consapevolezza che molto spesso il confine tra eremiti ed eretici era molto labile.

Madonna degli Eremiti a Castel di Sangro; Fonte dell’Eremita a Roccaraso; Grotta Remitorio ad Opi; Eremo di San Domenico a Villalago. Sono solo alcuni dei toponimi che ancora oggi testimoniano la presenza di eremiti che trovarono rifugio nell’Alto Sangro.

Le grotte della Maiella, prima di essere abitate da Celestino V e dai suoi seguaci, erano state già dimora di monaci anacoreti provenienti dall’oriente nei primi secoli del Cristianesimo; ad esempio vi sono testimonianze della presenza di monaci Basiliani, provenienti dalla Calabria, che fondarono dapprima una comunità presso Casoli per poi disperdersi in vari centri dell’Abruzzo ed abbracciare la vita anacoretica.

Nel gennaio del 1235, il giovane Pietro Angeleri, fu costretto a fermarsi a Castel di Sangro a causa di una improvvisa tormenta di neve. In questa occasione incontrò un eremita su un monte vicino. L’episodio nei dettagli è narrato anche in un nostro precedente articolo: Celestino V e Castel di Sangro.

Le cronache descrivono che egli trovò che l’eremita conducesse una “vita laida e disonesta” e non volle dimorare con lui, riscendendo in paese. Tuttavia il giorno seguente vi fece ritorno portando con sé due pani e alcuni pesci ma trovò l’eremo vuoto e si trattenne lì da solo per dieci giorni.

Molte sono le stranezze di questo incontro: in principio infatti qualcosa nella condotta di questo eremita aveva sconcertato il giovane Pietro, e ciò può farci supporre che contravvenisse le regole della Chiesa ma non abbastanza da impedire al futuro Papa di cambiare opinione tanto da farvi ritorno il giorno seguente.

Se questa teoria fosse vera, semmai di un eretico si fosse trattato, bisogna ricercare la sua appartenenza tra le eresie presenti in Abruzzo al tempo di Celestino.


ERESIE AL TEMPO DI CELESTINO
Molte di queste eresie fondavano il loro credo su una forte spiritualità in contrasto con il potere temporale della Chiesa, all’epoca corrotta e materialista. Tra queste, una delle più complesse nella dottrina e più diffusa tanto da avere adepti in tutti i ceti sociali, fino a creare addirittura un’antichiesa, fu l’eresia catara.

I Catari credevano nel dualismo che contrapponeva il principio del bene al principio del male, lo spirito alla materia. Pertanto cercavano di condurre una vita quanto più ascetica e spirituale. Ed è per questo motivo che alcuni studiosi fanno risalire l’origine del termine Cataro dal greco chatarós ossia “puro”, infatti il loro simbolo era la colomba a rappresentare lo Spirito Santo.

L’eresia si diffuse largamente in Francia, in Italia e anche in Germania e in Inghilterra. A seguito della Crociata (1208 – 1229) contro i Catari Albigesi in Francia, attraverso cui la Chiesa mirava ad estirpare l’eresia, i Catari presero a vivere il loro credo solo in clandestinità. L’Italia, dove venivano chiamati Patarini sinonimo di straccioni, divenne il loro ultimo rifugio. A dispetto del termine dispregiativo con cui venivano indicati in Italia, non di rado gli appartenenti al credo cataro erano persone acculturate, talvolta appartenenti a ceti nobiliari. Inoltre, la cultura veniva promossa senza distinzione tra uomini e donne.

Bandiera dell’Occitania con croce catara

È possibile che l’eremita incontrato da Celestino apparteneva all’eresia catara?
Per quanto possa sembrare azzardata questa ipotesi, ci sono alcuni indizi da tenere in considerazione.

Vi abbiamo già accennato di come Pietro Angeleri sia tornato all’eremo portando in dono due pani e alcuni pesci. Questo particolare, che può sembrare insignificante, in realtà molto ha a che vedere con la fede dei Catari: essi infatti, in particolare i “perfetti” (coloro che avevano ricevuto il sacramento del “consolamentum”, corrispondente all’ordinazione sacerdotale cattolica) erano tenuti ad osservare una rigida dieta che oggi definiremmo vegana, a cui potevano però integrare soltanto il pesce.

Quest’ultimo alimento doveva essere molto importante data la presenza di comunità catare in prossimità di luoghi in cui il pesce era di facile reperimento, come nel caso di Sirmione. I Catari di Sirmione sono tristemente noti per essere stati sterminati in un orrendo rogo collettivo all’Arena di Verona (1278).

Sirmione

Il territorio di Castel di Sangro non era meno favorevole al reperimento di questo prezioso alimento, data la presenza di due fiumi e forse già dalla presenza di una “peschiera”, come testimonia l’attuale toponimo di una delle vie del paese.

Una dieta che includeva molto pesce e la presenza di una peschiera, però, potrebbe far pensare anche ad una presenza templare. È accertato che i Templari erano dediti all’allevamento del pesce poiché esso era fondamentale nella loro alimentazione.
Un altro indizio a favore dell’ipotesi catara è costituito dal fatto che Celestino, tornando all’eremo, lo trovò vuoto. Un particolare curioso che potrebbe svelare un’altra caratteristica propria dei “perfetti”, ovvero che erano eremiti itineranti.

Celestino Eremita

Quelli che noi conosciamo come Catari, in realtà, non usavano questo nome riferendosi a se stessi ma più semplicemente si chiamavano “buoni cristiani” e, soprattutto in Francia, “Bonnes hommes” (uomini buoni e donne buone). Curiosamente nel nostro dialetto castellano è presente un termine quasi simile per indicare un uomo adulto: “banóme”.

Gli Spirituali costituirono una corrente religiosa che perseguiva l’ascetismo e concepiva una Chiesa povera ad imitazione degli Apostoli e di Cristo. Il teologo e mistico calabrese Gioacchino da Fiore (circa 1135 – 1202) fu tra i principali ispiratori degli Spirituali. Egli fondò l’Ordine Florense, la cui regola fu approvata nel 1196 e profetizzò la fine della gerarchia ecclesiastica attraverso l’avvento di una Chiesa spirituale “nell’Era dello Spirito Santo”. Il suo pensiero e la sua profezia influenzarono fortemente gli spirituali Francescani e continuarono a diffondersi nonostante la condanna come eresia del 1215, da parte del Concilio Lateranense.

Gioacchino da Fiore

Sembra certo che Pietro Angeleri entrò in contatto con gli Spirituali, giacché essi avevano trovato rifugio tra i monti d’Abruzzo, in quanto ritenuti eretici. Tale incontro dovette avere grande importanza per il futuro Papa, tanto che, molto probabilmente, scelse di chiamarsi Celestino V in onore di Celestino III, ovvero il papa che nel 1196 aveva approvato l’Ordine Florense.

Ora bisognerebbe soltanto capire quando Pietro Angeleri (o Pietro da Morrone) avrebbe incontrato gli Spirituali. E se già nel 1235, a Castel di Sangro, egli avesse incontrato, per la prima volta, un eremita della corrente degli Spirituali? Un incontro tanto importante da spingerlo a cambiare la sua vita e raggiungere il massiccio della Maiella, forse per seguire l’eremita o la sua filosofia.

Un freddo giorno d’inverno al Convento della Maddalena di Castel di Sangro

Per concludere il nostro articolo, ci poniamo un’ulteriore domanda: è possibile un nesso tra la presenza di ordini o correnti spirituali in Abruzzo con la successiva fondazione del Convento della Maddalena? Infatti, come sappiamo, nel convento vi si insediarono i Frati Minori Osservanti: la corrente più vicina all’originario spirito francescano e alle filosofie spirituali.

di Concetta Rocci e Giovanni Santostefano

BIBLIOGRAFIA
Bunson M. E. – Dizionario universale del medioevo
Russo R. – Il papa sequestrato
Accademia Templare – Ipotesi sul rapporto tra Celestino V e i Templari