Il timore di uno sguardo invidioso (malocchio) e il desiderio di difendersi dal suo influsso negativo era molto comune nel passato e, in un certo qual modo, questo timore ancora persiste ai nostri giorni.
Per difendersi dall’occhio cattivo si faceva ricorso ad amuleti, simboli e formule.

AMULETI E SIMBOLI

Presso molte culture spesso si ricorreva ad un’effigie o ad un amuleto a forma di occhio. L’occhio proteggeva dal malocchio e dalla malasorte.
Ciò potrebbe derivare da un’antica concezione secondo la quale gli occhi sono in grado non solo di ricevere ma anche di inviare raggi di forza.

Tale concezione è evidente, ad esempio, nel caso del Nazar,un amuleto ancora utilizzato soprattutto in Turchia e in Grecia, che avrebbe la capacità di annientare il malocchio sprigionando contro l’occhio cattivo una forza uguale e contraria.

Altrettanto noto è l’Occhio di Horus, che era per gli Egizi tra i più potenti amuleti.

Sulla prua delle navi fenicie e greche, così come sugli scudi greci, spesso era presente il simbolo dell’occhio (oftalmoi) con funzione apotropaica.


Nave fenicia – si nota il particolare “occhio”

Anche al corallo rosso veniva, e viene, attribuito il potere di proteggere dal malocchio. Nell’antica Cina era simbolo di longevità.
La credenza popolare considerava i coralli non come organismi viventi ma come pietre preziose. Addirittura, si pensava che il corallo potesse trasformare l’acqua salata in acqua potabile e immunizzare dai veleni.
Ma torniamo alla sua funzione apotropaica di protezione dal malocchio e dalla negatività. Per cercare di individuare l’origine di questa credenza bisogna risalire alla mitologia greca.

La Mitologia è piena di personaggi che racchiudono un enorme potere negativo nei loro occhi. Ne sono un esempio Balor e Medusa, capaci di uccidere con un solo sguardo.
Balor, presente nella mitologia irlandese, era il capo del popolo dei Fomori. Il suo occhio era così letale che veniva aperto, per mezzo di 4 uomini che ne sollevavano la palpebra, solo per seminare la morte sul campo di battaglia.
La più nota Medusa, personaggio della mitologia greca, figlia di divinità marine, era in grado di pietrificare con lo sguardo.

In molte versioni del mito, essa venne decapitata da Perseo.


“Medusa” Caravaggio

I coralli rossi si originarono dal sangue che colò dalla testa di Medusa sulla sabbia.

La funzione protettrice del corallo venne tenuta in grande considerazione in tutta Italia, tanto che il corallo trovò grande utilizzo nella realizzazione di gioielli tradizionali.

Molti coralli furono incastonati in gioielli in filigrana.

Spilla filigrana ligure

L’arte della filigrana è molto antica. Rinomata non fu solo la filigrana ligure, veneta e sarda ma anche quella abruzzese (Pescocostanzo, Scanno, Guardiagrele).
In Abruzzo il corallo ebbe molta importanza per la sua funzione magica oltre ad essere un simbolo di ricchezza e prosperità. Furono, così, impreziositi dal corallo anelli, spille, collane, orecchini, ciondoli.
Molto diffusi in tutta la Regione erano poi gli orecchini con pendenti. Avevano funzione magico-protettiva data dalle virtù attribuite all’oro e all’argento, e con il loro tintinnio scacciavano il malocchio.

Tra tutti vogliamo menzionare gli sciacquajje, caratteristici orecchini a forma di mezzaluna, ritratti nelle opere di famosi pittori abruzzesi.

Particolare del quadro “Bestie da soma”-Teofilo Patini

Molto utilizzati erano gli amuleti abruzzesi contro il malocchio, semplici o compositi.

Oltre ai consueti cornetti di corallo, vi erano la rana d’argento, la chiavetta e il San Nicola d’argento, il dente di lupo, la pietra del fulmine (articolo Amuleti di pietra).

Si poneva particolare cura nel preservare dal malocchio e dal male bambini e neonati. A tal scopo esistevano diversi amuleti da far indossare ai bambini (appuntati sulla spalla sinistra dei vestitini) o da porre nelle culle.
Diffuso nei paesi d’Abruzzo era un monile d’argento, consistente in una catenella con ciondoli, che in genere veniva posto sulla culla a protezione del neonato. I ciondoli erano tre o quattro: manina, anello d’osso (taglia gengive), campanella, ciuffo di peli di tasso.

Il tasso veniva considerato simbolo di vita, morte e rinascita; inoltre si riteneva che il suo pelo avesse la funzione di distrarre le streghe entrate nella stanza per nuocere al bambino, che, curiose per loro natura, avrebbero passato l’intera notte a non fare altro che contare i peli del tasso. Una funzione quella del peli del tasso simile a quella delle piccole scope che venivano poste dietro le porte.

Ancora oggi, c’è chi realizza questo amuleto, in una versione più moderna. A Pescocostanzo, ad esempio, è tradizione regalarlo ai nuovi nati.

Amuleto “la tasciola” , realizzato da La Bottega dell’Orafo (di Vito Sciullo)

Un altro diffuso amuleto che si donava ai neonati era “Il tredici”, una composizione d’argento con una medaglietta centrale (con il numero tredici) e 13 ciondoli tra i quali spesso figurava un cornetto, una cornucopia, una lepre, una campanella e un cuore.


RITUALI E FORMULE

E se la protezione degli amuleti non fosse bastata e si avesse avuto il sospetto di essere stati colpiti dal malocchio?

In tal caso si ricorreva a formule e rituali di magia bianca tramandati di madre in figlia. Le formule e i rituali, più o meno segreti, variavano da località a località, perfino da famiglia a famiglia. Mescolavano la religione cattolica con il paganesimo. Come vedremo, spesso infatti si menzionavano i Santi e la Santissima Trinità.
Quando una persona avvertiva un malore improvviso, soprattutto un mal di testa persistente, nasceva il sospetto che fosse sintomo di malocchio. Per togliere il malocchio si praticavano diversi rituali. Alcuni prevedevano l’impiego dell’olio, altri del carbone. Il rituale con l’olio era quello più praticato nella zona dell’Alto Sangro.

Per prima cosa bisognava accertarsi dell’effettiva presenza del malocchio.

La donna predisposta per toglierlo, con un dito faceva sgocciolare gocce d’olio in un piatto pieno d’acqua. Se le gocce si allargavano il malocchio c’era: esse rappresentavano “l’occhio cattivo” che si allargava per invidia.

La donna procedeva quindi a togliere il malocchio recitando la formula di scongiuro e compiendo altri gesti rituali.

In alcuni paesi, si intingeva il pollice nel piatto e la formula veniva ripetuta 3 volte, mentre si segnava, con altrettante croci, la fronte della vittima del malocchio.

Di seguito, a titolo di esempio, riportiamo solo un paio di formule di scongiuro:

Duie uocchie t’anne uardato (Due occhi ti hanno guardato)
Tre Sande t’anne aiutate (Tre Santi ti hanno aiutato)
Ne ru nome della Santissima Trinità (Nel nome della Santissima Trinità)
Ru maluocchie nderra casca. (il malocchio in terra casca).

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Maluocchie nderra casca
Santissima Trinità
Per le Tre Person Divine
Scampa ……* per carità.
(*nome della vittima del malocchio)

Formule in uso a Castel di Sangro

Un sentito ringraziamento va a Vito e Stefano Sciullo (La Bottega dell’Orafo, Pescocostanzo-Castel di Sangro) che ci hanno fornito informazioni utili e concesso l’utilizzo dell’ immagine dell’amuleto per la realizzazione di questo articolo.

— di Concetta Rocci

BIBLIOGRAFIA E APPROFONDIMENTI
BIEDERMANN H., Enciclopedia dei Simboli;
FINAMORE G., Tradizioni popolari abruzzesi;
GIANCRISTOFARO L., Cultura popolare abruzzese.