Il racconto che segue è una fiaba originale di Concetta Rocci, scritta in occasione della mostra fotografica Favole e Fiabe, allestita dal Circolo Occhio Magico, che sarà visitabile per tutto il periodo natalizio a Castel di Sangro.
Di Seguito potete scaricare, cliccando sul pulsante “Download”, anche il PDF della fiaba, editato graficamente da Mario Romano del Circolo Occhio Magico.

MAZZAMARIELLE

un racconto di Concetta Rocci


A Castel di Sangro viveva un uomo talmente tirchio che solo pochissime persone avevano avuto il privilegio di vedere aprirsi il suo portafoglio almeno una volta nella loro vita.

Tra questi fortunati, si fa per dire, vi era Damiano, un ragazzino di 12 anni orfano di padre che viveva con la madre e il fratellino di 5 anni in un misero vano tutto umido e buio.

Un giorno, all’inizio del mese di dicembre, Damiano bussò alla porta dell’uomo tirchio e, una volta entrato, gli consegnò la fascina di legna attendendo che il leggendario portafoglio si aprisse per consegnargli la misera monetina come accadeva ormai da più di un anno.

Constatando lo sguardo triste del ragazzo nel rimirare la monetina, l’uomo si adirò e con un calcio lo scacciò da casa sua. Era adirato più del solito perché da molte settimane, ogni mattina, trovava nella stalla il suo cavallo e i suoi muli con i crini intrecciati e perdeva tempo prezioso a districarli e a maledire chi, nonostante la stalla ben chiusa, avesse osato fargli quel dispetto. Inoltre, sempre da settimane, erano presi a sparirgli oggetti in casa che poi ritrovava dopo ore nei posti più impensabili. Fatto strano, perché lui era sempre stato molto meticoloso nel riporli per evitare che si rovinassero o smarrissero.

Damiano tornò a casa, infreddolito e ancora dolorante per il calcio ricevuto. Porse la monetina alla madre che gli affidò il fratellino prima di recarsi al lavatoio a lavare i panni dei signori nell’acqua gelida. Il bambino cominciò a piangere e Damiano gli diede un tozzo di pane secco e bruno, poi lo avvolse in una coperta tutta rattoppata.

La mattina seguente, di buon ora, il ragazzo tornò al bosco per raccogliere altre fascine da vendere in paese. Nei pressi della chiesetta della Madonna degli Eremiti gli parve di avvertire una presenza alle sue spalle. Strano perché era sicuro di essere solo. Continuò a camminare ed ecco di nuovo quel rumore: poco più di uno scricchiolio. Forse un piccolo animale. Uno scoiattolo o un riccio.

Damiano si fermò sotto la grande quercia plurisecolare. Senza un’apparente ragione, infilò la mano nella cavità dell’albero e, con enorme sorpresa, vi trovò una moneta. Al ragazzo brillarono gli occhi per lo stupore e la felicità. Il pensiero volò subito a sua madre e al suo fratellino. Si ficcò la moneta in tasca, raccolse la legna e tornò in paese contento come non lo era mai stato.

Il giorno seguente la fortuna si ripetè. Solo che questa volta trovò nella cavità della quercia non una ma ben due monete.

Passavano i giorni e sempre Damiano trovava monete nella quercia.

E ogni giorno tornava in paese sempre più contento mentre l’uomo tirchio era sempre più adirato perché i suoi animali continuavano ad ogni alba ad avere i crini sempre più intrecciati.

Due giorni prima di Natale Damiano trovò l’uomo tirchio con gli occhi stravolti e il viso rosso come un peperone dalla rabbia. Gli era sparito il secchio dell’acqua da più di tre giorni.

‘Chi è stato?’ urlava con le mani tra i capelli.

Con un filo di voce Damiano gli rispose che ciò poteva essere opera dei mazzamarielle, i dispettosi folletti dal berrettino rosso. L’uomo si mise a ridere. Non aveva mai creduto a niente altro che alla sua intelligenza e al tintinnio delle sue monete. Era la prima volta che Damiano vedeva quell’uomo ridere e ne fu sorpreso. In un baleno il volto del tirchio tornò arcigno come al solito e prese a fissare gli scarponcini di Damiano.

Quel marmocchio pezzente aveva scarpe nuove di zecca e non le consuete da cui spuntavano le dita!

L’uomo guardò Damiano andar via senza staccare nemmeno per un secondo gli occhi dagli scarponcini nuovi.

La vigilia di Natale Damiano infilò la mano nella cavità della quercia e, con enorme gioia, vi trovò un sacchetto pieno di denaro.

Si voltò per correre a casa per consegnarlo a sua madre e si trovò difronte il volto arcigno dell’uomo tirchio, anzi le sue grosse mani che si serrarono intorno alla sua gola.

‘Piccolo pezzente chi ti dà tutto questo denaro?’

Damiano tossì, liberato dalla morsa dell’uomo. Disse di non sapere chi fosse quell’anima buona che gli faceva trovare dei soldi ogni giorno.

‘Io metto solo la mano nella buca dell’albero. All’inizio trovai solo una moneta’.

L’uomo cercò di sottrarre il sacchetto al ragazzo. Ma Damiano fu più lesto e riuscì a scappare con il suo tesoro, fermamente deciso a non tornare più alla quercia né a casa di quell’uomo.

Rimasto solo, l’uomo guardò l’albero con avidità. La sua miniera d’oro. Non riuscì a trattenersi e decise di fare subito una prova. Infilò la mano nella cavità e ne trasse una moneta. Pensò subito che la mattina seguente ne avrebbe trovate già due. Gongolando tornò a casa, mentre dal cielo cominciavano a scendere i primi fiocchi di neve. Sull’albero difronte la finestra della sua stanza si era radunato un gruppetto di passeri. Inutilmente, visto che mai l’uomo aveva gettato loro una briciola di pane. Il tirchio si avvicinò all’armadio. Infilò le chiavi ad una ad una nei vari lucchetti. Aveva deciso di riporre la nuova moneta insieme al suo adorato e ricco gruzzolo. Quando l’armadio si aprì, sbiancò, gettò un urlo di dolore che fece alzare in volo tutti i passeri dall’albero. Nell’armadio c’era solo il secchio dell’acqua. L’uomo cadde a terra svenuto stringendo saldamente la sua ultima moneta, l’unica che gli restava.

FINE


La locandina della mostra fotografica del Circolo Occhio Magico