di Concetta Rocci

Nel 1487 durante il banchetto di nozze di Lucrezia d’Este furono servite 28 portate, in piatti d’oro e d’argento, che vennero prima condotte in corteo nella piazza antistante al palazzo.

Da sempre in Abruzzo, pur senza le esagerazioni dei sontuosi banchetti rinascimentali, anche le famiglie più modeste si adoperavano con fantasia e ingegno affinché il pranzo di nozze fosse il più ricco e dignitoso possibile. Quasi una cerimonia, che seguiva la cerimonia religiosa, scandita da riti tramandati di generazione in generazione.

Foto di un matrimonio degli Anni Cinquanta

Un ruolo fondamentale era riservato ai dolci, che venivano serviti alla fine del lungo pranzo.

Nell’Alto Sangro, i dolci tradizionali che arricchiscono il banchetto nuziale sono numerosi e vari. Per quest’articolo ne abbiamo scelti solo alcuni, selezionati tra i più particolari e emblematici. Il nostro sarà un piccolo viaggio tra sapori unici e curiosità sorprendenti.

U’ VCLLAT E LA ZUPPA DELLA SPOSA (BARREA)

Erano e sono ancora, perché la tradizione persiste fiera fino ai nostri giorni, i dolci simbolo delle nozze nel piccolo borgo del Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise.

Il viccillato, u’vcllat, è un dolce di grandi dimensioni con un ripieno d’amarena. Soprattutto nel passato, era grande quanto la spianatoia utilizzata per realizzare la pasta e appunto da essa ha ripreso la forma rettangolare o quadrata. Presenta un foro al centro ed è ricoperto di glassa bianca decorata con motivi floreali e con il nome degli sposi.

Striscioline di carta velina colorata ornano il dolce per accrescere l’atmosfera di festa. Specialmente nel passato, avevano un significato anche simbolico: si prediligevano bianche, celesti e rosa, a rappresentare la sposa, l’uomo e la donna.

La zuppa della sposa è davvero un dolce molto particolare, dalla lunga preparazione. I preparativi infatti hanno inizio un mese prima del matrimonio quando, vino bianco, semi di anice e zucchero vengono bolliti insieme e lasciati riposare in bottiglioni. Successivamente, si filtra per togliere gli anici e si aggiungono cinque liquori, tra cui il liquore Strega, il rum e l’anisetta.

Il giovedì precedente il matrimonio si prosegue con la preparazione del dolce. Sottilissime fettine di pane vengono fatte essiccare nel forno. Andranno poste in grandi zuppiere, a strati, sino a raggiungere la metà della capienza. Ogni strato viene ricoperto di piccoli pezzetti di cioccolato fondente e mandorle intere sbucciate. In alcuni casi viene aggiunto anche il cedro a pezzettini. Il mix di vino e liquori viene versato nelle zuppiere sino a colmarle.

Zuppa della sposa foto di Giovanni Scarnecchia
Zuppa della sposa foto di Giovanni Scarnecchia

Nel passato, le zuppiere erano molto numerose. Ricoperte di fiori e precedute da suonatori, venivano condotte, da coppie di giovani, dalla casa della sposa sino al banchetto nuziale.

foto: da gruppo Facebook Barreani nel mondo
foto: da gruppo Facebook Barreani nel mondo

I CECI DELLA SPOSA (PESCASSEROLI)

Sono ceci tostati e aromatizzati. L’originalità della loro lavorazione ne fa un prodotto davvero unico nel panorama regionale.

La preparazione dei ceci, in media 60 kg (30 kg per la sposa e 30 Kg per lo sposo), prevede un lungo rituale che prende inizio circa due mesi prima delle nozze e coinvolge numerose persone, prevalentemente donne. Agli uomini vengono affidati solo compiti marginali e di manovalanza. Le donne coinvolte appartengono in prevalenza alla famiglia della sposa e, solo dal dopoguerra, partecipano alla realizzazione dei ceci anche gli amici degli sposi. Fase fondamentale e delicata è l’originale cottura in paioli con un fondo ricoperto di sabbia, dopo aver tenuto i ceci in ammollo per circa 6 ore in un’acqua aromatizzata con agrumi e alloro. Durante la cottura è necessario porre la massima attenzione a non rovinare i ceci, bruciandoli o spaccandoli. In questa fase è basilare l’esperienza delle ‘ceciare’, il gruppo delle donne più anziane che detengono il sapere tramandato oralmente loro dalle generazioni precedenti e che supervisionano con fermezza ogni azione. Alle ceciare spetta anche il meticoloso compito di selezionare ognuno dei ceci cotti.

A fine giornata, una volta cotti, i ceci vengono imbevuti di vari liquori (tra cui anice e maraschino) e si aggiunge vaniglia e confetti. Quest’ultimi vengono gettati dagli sposi sui ceci in segno propiziatorio. Il tutto viene riposto in sacchi di cotone e vi rimarrà per oltre un mese.

Durante questo tempo di ‘riposo’ è necessario, ogni giorno, girare i ceci e, sembrerebbe che, dal suono che essi producono si possa capire la loro qualità.

L’Associazione Culturale Commercianti Centro Storico Pescasseroli svolge nel mese di agosto di ogni anno una manifestazione che celebra il rito dei ceci della sposa e ripercorre la storia del matrimonio tradizionale abruzzese. Le ceciare ci hanno già svelato che il suono dei ceci preparati per l’evento di quest’anno (6 agosto 2022) preannuncia un’ottima annata.

Come accennato, i ceci della sposa vengono accompagnati da confetti. Ceci e confetti sono infatti complementari. Hanno un forte significato simbolico, sono entrambi augurio di fertilità e abbondanza.

Potrebbe quindi non essere solo una coincidenza l’ancestrale consuetudine di prelevare la sabbia, occorrente per la cottura dei ceci, in una cava tra Pescasseroli e Opi. Nella zona sembrerebbe accertata la presenza nell’antichità di un santuario pagano dedicato alla dea dell’abbondanza e della forza germinatrice.

Sulle tavole nuziali degli antichi Romani il ruolo di ceci e confetti era svolto dalle noci, che venivano considerate simbolo di forza e frutto afrodisiaco. Noci venivano distribuite ai banchetti di nozze e sparse fuori la casa degli sposi. A fare delle noci un simbolo di procreazione contribuiva anche la loro forma, forma che potrebbe aver avuto un ruolo importante anche nella scelta dei ceci sulle tavole nuziali. Inoltre una curiosa analogia accomunerebbe le noci romane ai ceci di Pescasseroli: le noci venivano consumate ai banchetti nuziali insieme ad apposite focaccine; un tempo sulle tavole nuziali di Pescasseroli i ceci venivano mangiati con i taralli.

La preparazione dei ceci della sposa – video di Patrizia Del Principe
I ceci della sposa - foto di Giovanni Scarnecchia
I ceci della sposa – foto di Giovanni Scarnecchia

LE NIEULE, LE CIAMBELLE E IL FAFETTONE (CASTEL DI SANGRO)

Un tempo questi dolci erano riservati solo ai matrimoni e alle celebrazioni più importanti.

Le nieule (nevole, ferratelle, pizzelle…) sono comuni in tutto l’Abruzzo. Hanno forme e spessore svariati.

Nieule
Nieule

Vengono cotte con un apposito oggetto, il ‘ferro’, composto da due piastre scanalate che determinano la forma e la decorazione delle nieule. L’impasto base è composto da farina, uova, zucchero, olio (in origine strutto) e aromi vari. La ricette tradizionale di Castel di Sangro prevede semi di anice.

La cottura avviene direttamente sul fuoco. Anticamente sulla fiamma del camino. Per tale ragione i ferri erano provvisti di un manico molto lungo e il tempo necessario alla cottura era quello di un’ Ave Maria per un lato e di un Pater Nostro per l’altro. Oggi si preferisce contare fino ad un determinato numero, prima di voltare il ferro e ripetere la conta.

I ferri più antichi, che si tramandano di generazione in generazione, presentano piastre molto decorate. Su una piastra sono incise le iniziali del capofamiglia, sull’altra la data di fabbricazione.

Ferro del 1926
Ferro del 1926
Nieule fatte con ferro del 1926
Nieule fatte con ferro del 1926

Le ciambelle sono biscotti dagli ingredienti semplici: uova, zucchero, farina, strutto, alcol, semi di anice, ma con una lunghissima lavorazione.

Ciambelle del forno pasticceria Riccio di Castel di Sangro
Ciambelle del forno pasticceria Riccio di Castel di Sangro

La preparazione delle ciambelle dei matrimoni era particolarmente suggestiva. Un rituale che coinvolgeva le donne della famiglia e del vicinato. Esse si riunivano intorno ad un tavolo sotto la direzione di un’altra donna, esterna alla famiglia, che svolgeva quest’attività per mestiere e veniva chiamata in occasione dei matrimoni. L’impasto veniva diviso in panetti e distribuito. Ogni donna lavorava un panetto, passandolo poi alla sua vicina: la pasta doveva circolare di mano in mano affinché mantenesse una temperatura e una lavorazione identica. Con costanza le donne immergevano le mani nella farina affinché la pasta non si attaccasse alla dita. Dovevano prestare un’ attenzione maniacale però: era consentita solo pochissima farina, l’impasto doveva restare sempre morbido. Quando l’impasto iniziava a produrre delle bolle che scoppiavano e gli anici fuoriuscivano dalla pasta, la donna che dirigeva tutte le altre bloccava la lavorazione. L’impasto era pronto per la fase successiva cioè la realizzazione delle ciambelle.

Le ciambelle venivano lessate, poi poste su teli ad asciugare e il giorno successivo venivano infornate.

Gli ingredienti del fafettone sono gli stessi della classica fafetta (mostacciolo di Castel di Sangro): uova, farina, zucchero, cacao, mandorle, cedro candito, strutto, cannella, cioccolato fondente. Quello che lo differenzia è la dimensione.

Fafettone del forno Ciarlante di Castel di Sangro
Fafettone del forno Ciarlante di Castel di Sangro
Stampo di inizio '900 per fafette
Stampo di inizio ‘900 per fafette

Fino ad alcuni decenni fa, era consuetudine distribuire ad ogni nucleo familiare invitato al matrimonio una guantiera con un fafettone, una ciambella di grandi dimensioni, confetti e altri dolci.

Il nostro viaggio si conclude qui. Ma solo per ora.

Siamo certi che i dolci dell’Alto Sangro ci riserveranno ancora molte sorprese.


Si ringrazia la signora Anna Carlini di Barrea e Evelina Saltarelli dell’Associazione Culturale Commercianti Centro Storico Pescasseroli per aver fornito utili informazioni necessarie alla realizzazione di questo articolo.